I palazzi fiorentini del Rinascimento
Le dimore dei cortigiani medicei alla metà del Cinquecento Il rinnovamento di Firenze alla metà del Cinquecento, attuato sotto il governo di Cosimo I de’ Medici e del figlio Francesco I comprende sia opere pubbliche che private. Insieme alle grandi fabbriche medicee è promossa la costruzione e la ristrutturazione di molti palazzi fiorentini. In seguito al consolidarsi del potere e alla riorganizzazione dell’apparato statale, le potenti segreterie ducali sono affidate a uomini capaci di garantire al signore un’assoluta fedeltà. Nella struttura del Principato mediceo, i segretari sono i cortigiani più a contatto con il duca, strumento principale di cui Cosimo si serve per instaurare l’assolutismo e per garantire la vitalità del dominio. I favoriti della munificenza medicea del governo di Cosimo I, gli esponenti della nuova classe politica tra i quali si distinguono dichiaratamente coloro di sangue spagnolo arrivati a Firenze con Eleonora di Toledo, figlia del viceré di Napoli Don Pedro Álvarez de Toledo e prima moglie di Cosimo I de’ Medici, dichiarano la loro appartenenza alla corte attraverso l’esibizione di simboli sulla facciata della propria abitazione. Si tratta di gentiluomini provenienti dal contado e dal resto del dominio mediceo, se non addirittura da altri Stati, la cui carriera e la cui fortuna sono legate al benvolere del duca. Le famiglie trasferite a Firenze nel corso del Cinquecento non annoverano, fra gli antenati, membri del passato governo repubblicano. Le cariche amministrative sono assegnate a «forestieri». I favoriti del duca sono incentivati nella costruzione di nuovi palazzi che manifestino l’ascesa sociale evocando al contempo la riconoscenza verso i Medici. Al seguito di Eleonora si trasferiscono sulle sponde dell’Arno il cameriere ducale Antonio Ramirez de Montalvo, coppiere di corte originario della Castiglia e Fabio Arazzola marchese di Mondragone proveniente dal Regno di Napoli, i quali si affidano per la progettazione delle loro residenze fiorentine agli architetti medicei. Dal Portogallo giunge la famiglia Ximenes d’Aragona di origine ebraica che accumula una cospicua fortuna grazie ai commerci con le Americhe e nel 1603 Sebastiano Ximenes compra un palazzo in borgo Pinti. Nella fitta e austera trama di strade e piazze selciate del centro di Firenze, con la grigia pietra serena di Fiesole e Maiano, crescono residenze erette in pietra forte dalle Cave di Boboli e bianco intonaco. I provvedimenti del duca, nei confronti di coloro che rivendicano le passate forme di governo, incrementano nei nobili cittadini, timore e cautela. Nessun fiorentino erige un palazzo o una villa che possa far nascere il sospetto di pareggiarsi con le fabbriche granducali e sono rare le fabbriche innalzate completamente ex novo, com’era avvenuto nei secoli precedenti, ad esempio per i palazzi Medici, Pazzi e Strozzi. Grazie alle sovvenzioni, ai benefici e alle concessioni degli artisti al servizio di «Sua Altezza Serenissima», l’architettura dei cortigiani emula direttamente quella medicea e con essa si sviluppa in osmosi manifestando opulenza e decoro. Alcuni dei palazzi fiorentini del secondo Cinquecento, sono eretti con finanziamenti ducali, come quelli degli spagnoli Antonio Ramirez de Montalvo in borgo Albizi (fig. 1) e di Fabio Arazzola Mondragone, maestro di camera del principe Francesco, nell’angolo tra via dei Banchi e via del Giglio. Ugolino Grifoni, originario di San Miniato al Tedesco, segretario dei duchi Alessandro e Cosimo, non necessita di sovvenzioni per innalzare la propria abitazione tra via dei Servi e piazza Santissima Annunziata, in quanto dispone di un cospicuo patrimonio (fig. 2). Oltre alla diffusione di residenze degli esponenti legati alla corte medicea, scandiscono il panorama cittadino le nuove dimore commissionate dalle grandi casate nobiliari, consolidate da secoli nella società fiorentina, insieme ai palazzi di mercanti e banchieri, se pure in minoranza rispetto a quelli realizzati nel passato. Il nobile banchiere Orazio Rucellai, che incarica Ammannati di ricostruire il palazzo in via della Vigna Nuova, esemplifica il mecenatismo di un ramo collaterale di una delle più affermate e famose casate fiorentine (fig. 3). Simone da Firenzuola rappresenta, invece, l’affermazione di una famiglia originaria del Mugello, che ottiene fortuna grazie ai successi economici presso la corte papale (fig. 4) Entrambi i banchieri finanziano la costruzione delle loro residenze senza ricorrere ai privilegi medicei. Le loro abitazioni non presentano elementi distintivi connessi all’attività commerciale dei proprietari, seguendo un concetto di decoro che a Firenze si mostra più rigido che in altre città italiane. Le dimore della nuova aristocrazia fiorentina monumentalizzano le principali direttrici urbane, riformulando le quinte edilizie con inserti prospettici che esaltano la solennità dei cortei e dei percorsi cerimoniali. Cortili o giardini sono annessi alle costruzioni e i prospetti sono rifiniti da bassorilievi, affreschi o graffiti. Le facciate si ampliano a livello dimensionale e viene adottato uno schema compositivo che privilegia l’impostazione assiale. In sequenza ritmica si moltiplicano le finestre inginocchiate che scandiscono il piano terreno dei palazzi, segno di decoro a livello sociale, e cresce l’apparato ornamentale dei portali con elementi scultorei che alludono alla committenza o alla protezione dei Medici. La Firenze granducale è punteggiata da busti dei sovrani disposti sopra i portali d’ingresso delle dimore private, un fenomeno che si ramifica in altre città del granducato, come Pisa, Volterra o Montepulciano fino all’età del regno di Cosimo II e in modo episodico in quello di Cosimo III. Questo processo tipico dell’ambiente fiorentino non è limitato alle case dei cortigiani: anche se Cosimo I ordina di giustiziare i familiari di Baccio Valori, dopo la vittoria di Montemurlo, il suo busto è scolpito sul portale del palazzo in Borgo Albizi. Francesco I è invece effigiato sul portale dei palazzi Benci, Martelli e Uguccioni, mentre Ferdinando I è scolpito nei busti all’ingresso di palazzo Medici in via Palmieri, Carnesecchi e Da Borgo tra i graffiti che rappresentano il Trionfo di David, allegoria della vita di Cosimo. Un altro ritratto scultoreo analogo sorveglia la casa dei marchesi Frescobaldi al canto dello Sprone, nel prospetto arretrato sopra la fontana con mascherone.
Lo scultore Baccio Bandinelli omaggia il suo mecenate nella propria residenza di via Ginori attraverso l’uso del busto, come Giambologna che scolpisce nel 1603 il ritratto di Ferdinando I per l’ingresso della sua casa studio in borgo Pinti, aggiungendo tra le finestre del primo piano, lo stemma concesso dal granduca con croce, una branca di leone e tre palle medicee. Anche il pittore Federico Zuccari riceve il privilegio di porre lo stemma Medici sulla colonna inglobata nell’angolo della sua residenza. Sovrasta l’ingresso di palazzo Grifoni una diffusa decorazione araldica che esalta le imprese medicee: dal capricorno, desunto dallo zodiaco cosimiano, alla tartaruga con la vela, che sottende il motto «Festina lente» (fig. 5) secondo il concetto di «servitù non vile e bassa ma onoratissima», usando le parole di Vasari in una lettera a Ramirez de Montalvo il cui palazzo presenta una facciata graffita che illustra lo stesso tema (fig. 6). Nel Dialogo dell’imprese militari et amorose di Paolo Giovio (1574), l’animale mitologico è raffigurato nel cielo di Firenze, con l’Arno in primo piano. Mentre l’emblema di Cosimo I è affidato al capricorno, che lo accomuna al segno zodiacale dell’imperatore Augusto e di Carlo V, l’ariete è il segno e l’ascendente zodiacale del figlio Francesco.
|
|