„Mangerai patate tutti i giorni e se ti va bene, aringa la domenica“ così mi prendevano in giro gli amici fiorentini
quando annunciai che avevo deciso di trasferirmi in Polonia al seguito del Grande Amore.
Correva l’anno 1983 e le derrate alimentari, ammessso che si trovassero, erano in grande maggioranza razionate (carne,
burro, farina, riso, zucchero). Esisteva al contempo un fiorente mercato nero che offriva ogni sorta di vettovaglie ma
trovare i fornitori richiedeva tempo ed una certo rischio nonché, ovviamente, consistenti somme di denaro.
Nonostante tutte le obiettive difficoltà rimasi colpita dalla straordinaria ricchezza di una tradizione gastronomica
che trovava ancora la sua espressione nelle case private. Era una cucina leggermente imbalsamata, vecchio stile, con
ricette tramandate gelosamente di madre in figlia, ma produceva piatti straordinari e raggiungeva il suo apice nella
cena della Vigilia di Natale e nella colazione di Pasqua.
Mi si aprì un mondo di esperienze culinarie del tutto nuove: dal brodo di barbabietola (barszcz) alla zuppa di farina
acida con funghi, patate e salsiccia delicatamente profumata di maggiorana (żurek) ai pierogi, sorta di ravioli ripieni
di carne oppure cavolo e funghi o ancora patate ed un formaggio fresco di latte di vacca chiamato twaróg.
Last but not least una serie di dolci meravigliosi, tra cui quello di una bontà assoluta il makowiec un rotolo di pasta
ripieno di semi di papavero macinati, uvetta, scorza d’arancio e noci. Imparai a bere litri di tè nero forte e aromatico
ed a mangiarci insieme fragole, amarene o lamponi, delicatamente sciroppati. Imparai che con i filetti d’aringa grassi,
lucidi e saporiti, accompagnati da una sublime patata lessa e tanta panna acida, non si può bere altro che wodka ben
ghiacciata e così via.
Il 1989 segnò anche per quello che riguardava la cucina un momento di svolta. L’avvento dell’economia di mercato e la
riapertura delle frontiere iniziò un intenso processo di scambio che ha cambiato il volto gastronomico di questo paese.
Dopo un iniziale e comprensibile entusiamo per tutto ciò che proveniva dall’estero, gli ultimi anni hanno visto un ritorno
alla cucina tradizionale ed alla riscoperta di prodotti locali di cui la Polonia va giustamente fiera.
Varsavia è oggi una capitale europea con un panorama gastronomico straordinariamente vario e interessante.
I ristoranti nell’epoca del socialismo reale erano pochi e piuttosti tristi. I menù dattiloscritti presentavano teoricamente
una lunga serie di piatti dai nomi altisonanti, con riportata accanto la grammatura ed il prezzo, ma risultavano poi
inesistenti. La risposta monotona del personale annoiato ad ogni domanda dell‘avventore era nie ma - non c’è.
A forza di nie ma finivi col prendere quello che ti davano, di solito di infima qualità e cucinato ancora peggio.
Sono ricordi per fortuna lontani e oggi entrando in alcuni degli ottimi ristoranti specializzati in cucina polacca il
ricordo di quegli anni sembra essere un brutto sogno.
Uno dei miei luoghi preferiti è Restauracja Polska Różana (ul. Chocimska 7). Situato in una vecchia villa
del quartiere residenziale di Mokotów con un bel giardino offre una cucina tradizionale polacca di ottima qualità , da non
perdere i delicatissimi pierogi con carne di vitella e funghi porcini ed il carrello dei dolci con il delizioso sernik
(una specie di dolce di ricotta) o le famosissime meringhe al caffè o all’arancio.
Per una cucina d’autore è assolutamente obbligatorio fermarsi in un piccolo locale in pieno centro Opasły Tom
(ul. Foksal 17), una famosa ex-libreria trasformata in ristorante. Il genio dietro ai fornelli è Agata Wojda una
delle pochissime donne chef in Polonia, che presenta una cucina polacca rivisitata di altissimo livello con uso esclusivo
di prodotti regionali nel rispetto della stagionalità .
Pe chi si avventura nella Città Vecchia (Stare Miasto) vale la pena fermarsi al ristorante La Rotisserrie
(nell’albergo Le Regina ul. Kościelna 12) dove uno chef di grandissimo talento, Paweł Oszczyk, propone una cucina
che unisce in modo molto interessante elementi della tradizione gastronomica polacca italiana e francese, assolutamente
da non perdere il menu degustazione che cambia a seconda delle stagioni.
La Polonia si è guadagnata quest’anno la sua prima stella Michelin grazie al talento ed all’inventiva di Wojciech Modest
Amaro un giovane chef che ha lavorato con personaggi del calibro di Ferran Adria e Rene Redzepi. Il suo ristorante
Atelier Amaro (ul. Agrykola 1) invita gli ospiti ad avventurarsi nel mondo straordinario della cucina polacca
del XXI secolo, laddove, come ci dice lo stesso Wojciech, “la Natura incontra la Scienza“.
Per chi ama un buon filetto o una buona bistecca il locale da visitare è Butchery & Wine (ul. Żurawia 22) e
per chi veramente non ce la facesse a resistere senza la cucina italiana consiglio il ristorante Delizia
(Hoża 58/60) di Luca Bo e Lorenzo Robustelli, sono bravissimi.
Tessa Capponi Borawsca
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