E’ venuto un soldato del reparto polacco, Gustavo Herling Grudzinski, studioso di filosofia, lettore
di miei volumi tradotti in tedesco, appartenente a un gruppo di cultori in Varsavia della mia filosofia;
vuole tradurre miei libri in polacco.
Così scrive Benedetto Croce in: Quando l’Italia era tagliata in due. Estratto di un Diario, alla data 21 marzo – 1° aprile 1944.
Alcuni anni dopo mio Padre nel racconto Villa Tritone. Interludio bellico in Italia pubblicato nel 1951, descrisse la casa che ospitava
Benedetto Croce e la sua famiglia, che egli visitò e frequentò quando, fra l’inverno e la primavera del 1944, con l’esercito di Anders
giunse in Italia, e fu mandato a Sorrento per un periodo di convalescenza dall’ospedale inglese di Nocera, dopo lo sbarco a Taranto da
Alessandria di Egitto. La descrisse nelle luci mediterranee del golfo, e nella penombra dello studio del filosofo. La chiamò ‘Casa aperta’
e ‘Interludio bellico in Italia’ furono i mesi che vi trascorse e narrò in quelle pagine. Il suo primo scritto in Italia fu composto lì:
Guida essenziale della Polonia per i buoni Europei, tradotto dalle sue parole in inglese nell’italiano di Elena Croce. Da Sorrento partì
per il fronte a Venafro, per prendere parte alla battaglia di Montecassino: “corsi come un invasato al reparto per giungere in tempo,
ancora molto debilitato” – si legge in un suo scritto del 1970. L’alba di quella partenza me la raccontò mia zia Silvia Croce che volle
salutarlo nell’accampamento militare nei pressi dell’Hotel Loreley, e lo trovò nella sua tenda, illuminata, che leggeva.
La parentesi che mio Padre visse a Sorrento prima di partire per il fronte di Montecassino è simbolica del suo destino di soldato,
di ‘pellegrino della libertà’, e poi di esule: nel discorso per la laurea honoris causa conferitagli dall’Università di Poznań nel 1991,
e che significativamente si intitola Ho cessato di essere uno scrittore in esilio, la ricongiunse al “prologo degli anni prima della guerra”.
Giovane studente di polonistica all’Università di Varsavia e esordiente critico letterario, si interessò allora alla figura di Croce,
alle sue opere, in primis la Storia d’Europa, il cui concetto della “religione della libertà”, rappresentò per lui “un buon viatico”
nel cammino che percorse dal gulag sovietico agli eserciti nell’Europa in guerra.
Gli anni dopo la guerra e nell’esilio, li trascorse a Roma dove con Jerzy Giedroyc fondò “Kultura”; a Londra dove scrisse Un mondo a parte
(Inny świat),
e poi a Monaco per lavorare a Radio Free Europe. A Monaco rivide Lidia Croce e decisero di trasferirsi a Napoli. Nella casa in via Crispi,
per riprendere le parole dell’indirizzo di saluto che rivolse agli amici italiani nella cerimonia per il conferimento dell’Ordine
dell’Aquila Bianca, ha “fondato una famiglia”, ed ebbe il suo studio, nel quale ritornò alla scrittura: una emozione che rivela nel Diario
inedito del 1957 conservato nel suo archivio. Qui nella sua splendida Napoli, nell’Italia sua “seconda patria di adozione” dove “ha passato
oltre la metà della sua vita”, ha composto i racconti e le pagine del Diario scritto di notte (Dziennik pisany nocą),
il suo opus magnum. Una vita isolata,
ossigenata dalle regolari permanenze a Parigi nella gloriosa casa di “Kultura”. Col tempo si è arricchita nella città che a lui cominciò ad
aprirsi e a voler intrecciare un dialogo, quando “la riconquista dell’indipendenza e democrazia in Polonia” lo fecero “risuscitare in patria”
e gli consentirono i viaggi, a partire dal memorabile del 1991, che hanno accompagnato e rasserenato i suoi ultimi, radiosi per lui e per noi, anni.
Ora la sua presenza è testimoniata dal suo studio che nell’atmosfera raccolta da cui sempre è stato permeato, custodisce la biblioteca e
l’archivio, fonti inesauribili per gli studi e i progetti dedicati alla sua opera; e dalla targa apposta sulla facciata della villa dove
ha vissuto, che è stata scoperta il 20 novembre scorso alla presenza dei Presidenti delle Repubbliche di Polonia, d’Italia, e di Germania.
Una emozione profonda della quale con questo mio scritto ho voluto dare testimonianza.
Marta Herling
|
|
|
|
Marta Herling
|
|
Gustaw Herling
|
|