Napoli Lisbona
Per unire Napoli e Lisbona in quest’ennesimo viaggio sospeso tra vino e fotografia d’artista, come sempre abbiamo cercato di comporre un mosaico di similitudini e storie, ora più note e affini, ora sfumate e sottese. Lisbona, proprio come Napoli, coltiva una palpitante e struggente nostalgia del futuro, di quello che potrebbe essere, di quello che sarà. Si tratta della Saudade, un concetto molto vicino a quello tedesco di Sensucht, una nostalgia del momento che si sta vivendo, come osserva Antonio Tabucchi, lo scrittore italiano innamorato della città del Fado e di Pessoa, nel suo libro più celebre, Sostiene Pereira. Una percezione comune, che affiora tra l’altro con intense e appassionanti sfumature poetiche, in tante canzoni del classico repertorio partenopeo. E’ il medesimo sentimento, intessuto di malinconica dolcezza, che ho provato immancabilmente fin da bambino, guardando le foto del viaggio di nozze dei miei genitori, nel lontano 1952. Scatti in bianco e nero che rimandano a quell’epoca piena di fervore e di speranze, alla ricostruzione dopo la guerra appena conclusa. Avevano deciso di recarsi a Cascais, a Villa Italia, in visita a re Umberto II, l’ultimo sul trono italiano, da sei anni in esilio in Portogallo, alla ricerca di un mondo ormai irrimediabilmente perduto. Lisbona mi parla spesso tra le strade di Napoli, per scampoli di immaginario densi di memoria e suggestione, per improvvisi evocativi frammenti di suoni e di espressioni. Eleonora Fonseca Pimentel, intellettuale e pasionaria della Rivoluzione Partenopea, nata a Roma da un casato lusitano originario dell’Alentejo, incarna appieno questa duplice anima, quest’avvincente gioco di affinità elettive.
In via Toledo nel XVIsecolo don Miguel Vaaz, conte di Mola, banchiere portoghese della regia camera della Sommaria, fece costruire un palazzo, rimaneggiato nel '700 da Vanvitelli, che poi diventò dei Berio, marchesi di Salza in Irpinia, proprio dove si trovano i nostri vigneti.
La mia Lisbona è racchiusa soprattutto in una straordinaria opera pittorica custodita nel Museu Nacional de Arte Antigua. E’ il grande polittico di Sào Vicente di Nuno Gonçalves fortunosamente ritrovato nel 1880 durante i lavori di ripristino nella cattedrale di Lisbona e composto da ben sei tavole lignee. Ogni volta che lo ammiro, il meraviglioso polittico, mi regala qualcosa di nuovo, un dettaglio, una sensazione, un’emozione inattesa ed è immediato il raffronto con il San Francesco di Colantonio, opera anche questa di influenza fiamminga custodita a Capodimonte. Il patrimonio artistico, certo, ma anche quello architettonico e gastronomico. Trovo tracce di Lisbona nel fascino decadente di alcuni edifici del centro storico di Napoli, al punto che se chiudo gli occhi mentre passeggio per Spaccanapoli mi ritrovo di colpo tra i vicoli del Barrio Alto dove Sua maestà il baccalà è un ospite fisso. O mi vedo a bordo del leggendario tram 28 inerpicarmi su, fino ad Alfama, per raggiungere il Miradouro de Graca come farei a Napoli con la funicolare di Chiaia per godere della vista di San Martino. E come dimenticare il cinema. È dedicato a Federico Fellini 'Lisbon Story', lo struggente film-documentario di Wim Wenders sulla capitale portoghese. O le contaminazioni musicali.
Parla di Napoli anche il palazzo reale di Ajuda, il monumentale edificio che ospiterà la presentazione del calendario 2018 e che ricorda la reggia vantitelliana di Caserta. Vi abitò una coraggiosa principessa italiana, Maria Pia di Savoia, tra le più amate regine del Portogallo che riunì intorno a sé tanti artisti, fra cui molti napoletani. Storie e testimonianze che si intrecciano fino a fondersi in unico filo rosso. Anzi, mutuando il titolo di una delle più note raccolte di poesie di Pessoa, fino a formare quella che definirei "una sola moltitudine".
Generoso di Meo
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